È stata una delle settimane più brutte della pandemia, con tante notizie negative che purtroppo gettano nello sconforto tutta la popolazione.
Sono aumentati i contagiati, le terapie intensive e il tasso di positività (percentuale di tamponi positivi sul totale di quelli fatti), mentre in molte regioni è stata superata la soglia critica dei ricoveri, tanto da sospendere in molti ospedali i ricoveri no-Covid.
In settimana, inoltre, il Consiglio dei ministri ha varato il nuovo decreto Covid: da domani più di mezza Italia sarà in zona rossa e a Pasqua ci sarà il lockdown nazionale. A questo si aggiunga l’annuncio di Astrazeneca circa ulteriori tagli alle forniture e, per la felicità di tutti i genitori, la ripartenza della didattica a distanza per tutti le scuole di ogni ordine e grado (che va ripensata, così com’è crea nervosismo e acuisce le disuguaglianze).
In settimana però un’altra notizia ha contribuito a demoralizzare la popolazione in cerca di una via d’uscita da questa condizione ormai avvilente: la sospensione da parte dell’Aifa, a scopo precauzionale, della somministrazione di un lotto del vaccino Astrazeneca per alcune morti sospette. Anche se a distanza di poche ore è arrivata l’esclusione, grazie alle autopsie effettuate, del nesso tra morti e dosi di vaccino ricevute, i dubbi sulla bontà dei vaccini e la loro sicurezza hanno investito tantissimi cittadini che in tutta Italia hanno disdetto le prenotazioni.
A mio avviso la vaccinazione è fondamentale per il ritorno alla normalità. Abbiamo appurato che le restrizioni servono ma non sono risolutive. Il vaccino è l’unica arma che l’umanità ha creato per combattere il virus e, con buona probabilità, sconfiggerlo. Che aspettiamo ad usarlo senza remore? Attualmente vengono somministrati vaccini a milioni di persone contemporaneamente, e sarà così anche nelle prossime settimane. È facile che tantissimi vaccinati a distanza di giorni dall’inoculo presentino delle patologie, che sicuramente si sarebbero palesate anche senza la precedente vaccinazione. È una questione di probabilità statistica, considerato l’altissimo numero di persone vaccinate.
Il vero rischio di una vaccinazione è lo shock anafilattico che potrebbe manifestarsi nei primi 30 minuti dalla somministrazione. È tuttavia molto raro e facilmente controllabile, e proprio per questo motivo l’inoculazione prevede una mezz’ora di osservazione medica e infermieristica del soggetto vaccinato. Altri effetti collaterali a distanza di qualche ora sono leggeri (febbre, dolori muscolari ecc.) e legati alla risposta immunitaria indotta dal vaccino. Effetti collaterali gravi? Rarissimi, come ogni santo farmaco che assumiamo giornalmente per una qualsivoglia condizione patologica.
Dunque che facciamo? Non ci vacciniamo e andiamo avanti con le restrizioni per non crepare di coronavirus ma morire di fame? In questi giorni anche l’Istat ha snocciolato dati sconfortanti: il Pil 2020 ha perso l’8.9%, il rapporto deficit/Pil è arrivato al 9.5%, il debito pubblico è salito, la pressione fiscale è salita al 43.1%, la spesa per i consumi delle famiglie è calata, la povertà assoluta di famiglie e individui ha toccato il record dal 2005.
Dal Rapporto sul Benessere equo e sostenibile (Bes) emerge invece un impatto violento della pandemia sui progressi sanitari, il che porterebbe ad una riduzione della speranza di vita. Sono dati pazzeschi, che richiedono un deciso cambio di passo dell’economia del nostro Paese. Per non parlare delle centinaia di migliaia di aziende che stanno chiudendo, dei posti di lavoro persi e dei disagi in cui impattiamo quotidianamente nel lavoro, nella vita sociale, nella scuola o nella mobilità.
Sta diventando tutto un disastro. Dunque andiamo avanti con i vaccini, di qualsiasi origine o provenienza (americani, russi, cinesi, indiani o srilankesi) purché validati dalle autorità competenti. Meno seghe mentali.